L’operatore di polizia locale è sempre in servizio – Resistenza a pubblico ufficiale
La qualifica di agente di polizia giudiziaria non è esclusa dalla fine del turno di servizio, se l’intervento dell’agente avviene nell’ambito delle sue funzioni e in un contesto di flagranza o emergenza, dove è richiesta un’azione immediata a tutela della collettività.
Per i comandi di polizia municipale, la sentenza rafforza una lettura ampia e funzionale del concetto di “servizio”, valorizzando l’impegno degli operatori anche oltre l’orario ordinario, in situazioni di necessità e in presenza di reati evidenti. Tuttavia, resta fondamentale che l’intervento avvenga all’interno del territorio comunale e vi sia un collegamento diretto con le funzioni istituzionali (polizia giudiziaria, sicurezza urbana, ecc.). Inoltre le condizioni dell’intervento devono giustificare un’azione immediata, come nel caso di un reato in flagranza.
Il richiamo all’art. 5 della legge n. 65/1986 (che disciplina il porto d’armi fuori servizio) viene superato dalla Corte, che concentra l’attenzione non sugli aspetti formali (turno, divisa, dotazione) ma sulla sostanza dell’azione e sulla funzione esercitata.
La sentenza rappresenta una conferma importante per la dignità funzionale e istituzionale della polizia locale, in particolare quando i suoi appartenenti si trovano a intervenire per finalità di tutela della legalità anche fuori orario. Essa evidenzia come, in presenza di un’azione tipica del pubblico ufficiale nel territorio di competenza, il reato di resistenza sussista pienamente, a prescindere dall’abbigliamento o dal momento della giornata.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza del 4 aprile 2025, n. 13264
Ritenuto in fatto
- Con la pronuncia sopra indicata la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata con la quale V.E. era stato condannato per il delitto di resistenza ai danni del Sovraintendente capo M.C., agente della polizia municipale, intervenuto in abiti civili e fuori dal servizio per sventare una truffa ai danni di un automobilista.
- Avverso detta sentenza ha proposto ricorso E.V., tramite il suo difensore, con un unico motivo in cui deduce violazione di legge per avere la sentenza impugnata erroneamente riconosciuto la qualifica di pubblico ufficiale alla persona offesa, appartenente alla polizia municipale, che al momento dell’intervento era libera dal servizio e in abiti civili.
Come correttamente argomentato dalla sentenza impugnata, e ribadito dal Procuratore generale nella requisitoria scritta, la locuzione contenuta nell’art. 57, comma 2, lett. b) cod. proc. pen. «quando sono in servizio» va interpretata in chiave funzionale, cioè con riferimento al rapporto di impiego e non all’orario di lavoro. Ne consegue che la condotta illecita del ricorrente è stata commessa mentre l’agente della polizia municipale compiva un atto dell’ufficio di appartenenza tanto da configurare il delitto contestato di cui all’art. 337 cod. pen.
- Alla luce degli argomenti che precedono il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Fonte : Polizia Locale Digitale ( a cura di Michele Mavino 8 aprile 2025)
Articoli correlati
Contatti
Per comunicazioni contattare ufficiostudi@incloudteam.com