Incarichi dirigenziali possibili anche con il possesso di “competenze di spicco”
La Cassazione, con l’ordinanza 5 settembre 2025, n. 24653, ha precisato la portata dell’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, che detta le condizioni e i requisiti per l’assegnazione di incarichi dirigenziali a contratto.
Il principio di diritto affermato dalla Cassazione stabilisce che il requisito delle “concrete esperienze maturate per almeno un quinquennio in posizioni funzionali per l’accesso alla dirigenza” non implica necessariamente lo svolgimento di pregressi incarichi dirigenziali. Al contrario, tali incarichi possono essere conferiti anche a persone la cui esperienza lavorativa non sia ancorata al possesso della qualifica dirigenziale. Si fa riferimento, più in generale, a esperienze “di lavoro” purché siano qualificanti rispetto alla posizione da coprire.
La Corte ha evidenziato che le “esperienze maturate” non devono essere state svolte in qualifica dirigenziale. A tal fine, è fondamentale analizzare attentamente i requisiti di professionalità richiesti dall’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001, che sono suddivisi in tre gruppi distinti:
1. Primo gruppo: riguarda le esperienze svolte in attività presso organismi ed enti pubblici o privati, ovvero aziende pubbliche o private, o con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali.
2. Secondo gruppo: concerne persone che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica, desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza.
3. Terzo gruppo: si riferisce a destinatari provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
È importante sottolineare che l’esperienza lavorativa in qualifiche dirigenziali è richiesta esplicitamente solo per il primo gruppo di competenze professionali. Il secondo gruppo, invece, contempla esperienze concrete che non necessariamente devono essere state svolte rivestendo qualifiche dirigenziali. Per la Cassazione, è quindi errato pretendere che le precedenti esperienze di lavoro debbano sempre e comunque essere state realizzate rivestendo la qualifica di dirigente.
Tuttavia, l’ordinanza, pur essendo considerata “ineccepibile” sotto questo aspetto, presenta un “punto debole”. Non evidenzia sufficientemente che l’attività in posizioni di accesso alla dirigenza, da sola, non è sufficiente. Deve essere congiunta a una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica.
L’articolo 19, comma 6, indica anche le modalità per documentare il possesso di tali “competenze di eccellenza”, rispetto alle quali la sola “anzianità” quinquennale in qualifiche immediatamente precedenti a quella dirigenziale è solo un accessorio.
Per attribuire un incarico dirigenziale a contratto, il destinatario deve comprovare di possedere un livello di competenze “particolarmente di spicco”, tale da superare la riserva dell’assenza di precedenti lavori nella qualifica dirigenziale. Pertanto, lo svolgimento dell’attività lavorativa nelle qualifiche apicali dei funzionari deve essere congiunto alla formazione universitaria e postuniversitaria, alle pubblicazioni scientifiche e alle “concrete esperienze”, le quali, da sole, non sono sufficienti. Tali esperienze devono andare oltre le ordinarie mansioni delle qualifiche predirigenziali, essendo dotate di un “quid in più” che evidenzi lo “spicco” particolare del destinatario, permettendogli di essere incaricato come dirigente anche senza alcun concorso.
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